THOMAS BERNHARD, UNA MAPPA A PERDERSI.
E' una scrittura densa, afasica, tautologica, ossessiva, ripetitiva quella di Thomas Bernhard in "Cemento". Lo stesso anche per "Ja", "Gelo", "Amras", "Perturbamento", "Il soccombente", gli altri suoi libri che ho letto in questi anni.
Bernhard è scrittore da prendere o lasciare, tutt'altro che facile leggerlo. E' musica dolorosa, la sua. Che urtica, lacera, lascia sgomenti. Emoziona.
La sua opera, una mappa a perdersi, per non ritrovarsi... Per scoprirsi desolati di fronte alla crudezza dell'esistere, alle sue leggi profonde inaccessibili, al senso che non c'è e non si trova.
"Pubblicare l'intelletto è il più vergognoso dei crimini e io non ho esitato a compiere più volte questo crimine più vergognoso di tutti. Non si era trattato neppure del rozzo bisogno di comunicare, perché non ho mai voluto comunicarmi a chicchessia, proprio non ci ero tagliato, fu solo brama di gloria nuda e cruda, nient'altro. Che buona idea è stata non aver pubblicato Nietzsche e Schonberg, per non parlare di Reger, non me lo perdonerei mai. Se già mi schifano tutte le altre migliaia di pubblicazioni, le mie mi schifano nella maniera più spaventosa. Però non sfuggiamo alla vanità, alla sete di gloria, vi entriamo, come se ne avessimo necessità, a testa alta, pur sapendo che il nostro modo di agire è imperdonabile e perverso".
(Thomas Bernhard, "Cemento", pagg. 30-31, SE 2004, traduzione di Claudio Groff)