SANREMO, LA MESSA STONATA DI UN PAESE CHE NON ESISTE.
Se sono veri i dati del famigerato, insensato share, in questi giorni un italiano su due è ipnotizzato davanti alla TV ad assistere a quello spettacolo mortificante per la musica che da ille tempore è il Festival di Sanremo e che nella mia Repubblica Ideale non sarebbe stato neppure concepito.
Per caso, in auto, oggi mi sono imbattuto alla radio nell'ultimo 'successo' di Fiorella Mannoia, da anni assurta a simbolo del femminismo intelligente post-comunista (socialdemocratico, cattolico, borghese, familista), che presentando il suo pezzo a un imbarazzante Barbarossa (RAI 2) sosteneva sia il suo più ispirato degli ultimi tempi. Composto da Salvatore Mineo e Amara, si intitola "Che sia benedetta". Soprassedendo sulla qualità del cantato (timbro vocale insopportabile, tonalità gravi ai limiti dell'intonazione, comunque senza modulazione, piatta e abulica), il testo è un inquietante, irritante inno alla vita, concetto portante: l'esistenza è un bene prezioso e va vissuta fino in fondo...
Eccone un estratto:
"(...) Che sia benedetta
per quanto assurda
e complessa ci sembri
la vita è perfetta
per quanto sembri incoerente
e testarda, se cadi ti aspetta
siamo noi che dovremmo
imparare a tenercela stretta
tenersela stretta...
Siamo eterno
siamo passi
siamo storie
siamo figli
della nostra verità
e se è vero che c’è un Dio
e non ci abbandona
che sia fatta adesso
la sua volontà
A chi trova se stesso nel proprio coraggio
a chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio
a chi lotta da sempre e sopporta il dolore
qui nessuno è diverso, nessuno è migliore
a chi ha perso tutto e riparte da zero
perché niente finisce quando vivi davvero
a chi resta da solo abbracciato al silenzio
a chi dona l’amore che ha dentro... (...)"
A parte la sconcertante superficialità retorica dell'ennesima rivisitazione popolare dell'antico carpe diem, fa veramente pena constatare ancora una volta che la TV di stato (con canone obbligatorio!) non perde occasione per dispensare buoni sentimenti in fatto di esistenza: gratiitudine verso un dio creatore, vita benedetta, amore per il prossimo, ottimismo e via dicendo. Non stupisce, dunque, che a scriverne in toni apologetici sia lo stesso "Avvenire" (www.avvenire.it/agora/pagine/mannoia).
Per chi come me dio non esiste, è una semplice astrazione dell'uomo che si affanna da millenni a nobilitare un'esistenza accidentale che senso non ha, canzoni come questa hanno l'effetto di una provocazione: possibile che per la RAI la rappresentazione della Realtà sia ancora piattamente, banalmente, ipocritamente questa?
Possibile che non ci sia mai il coraggio, oltre ai facili scandalismi, alle polemiche gratuite, al pietismo peloso, alla solidarietà interessata, di guardare in faccia la vita per quello che è?
Proprio ieri il blog di Beppe Grillo ha pubblicato la drammatica lettera di un uomo di trent'anni morto suicida (www.beppegrillo.it/2017/02/la_lettera_di_m.html). Andate a leggerla, è uno spaccato realistico di quello che tante persone provano quotidianamente quando si confrontano con il 'dono divino' dell'esistenza in questo Paese insensibile anche ai diritti elementari... E' una lettera dura, commovente, senza appello, impresentabile per una comunicazione (giornali, tv, social media...) impegnata 24 ore su 24 a propagandare un mondo irreale fatto di successo, denaro, status-symbol, spensieratezza, buoni sentimenti, amore per il prossimo, ascolto, attenzione, sensibilità, cultura, intelligenza.
Un mondo che non esiste, ovviamente.