BARBARI
"Barbari. L'insorgenza disordinata" (Edizioni NN, settembre 2002) è un pamphlet di Crisso/Odoteo che nasce dalla confutazione delle tesi del saggio di Toni Negri e Michael Hardt "Impero" (BUR, 2002). Succedaneo di altri testi circolati negli ambienti dell'antagonismo e anarchismo europeo (tra questi, forse il più famoso, "L'insurrezione che viene" del 2010 di un Collettivo Invisibile francese), "Barbari" appassiona per lo stile (tagliente, diretto, apocalittico) meno per i contenuti, sebbene in gran parte condivisibili (soprattutto per la parte di analisi dei limiti del libro di Negri-Hardt).
Liquidata l'operazione di "Impero" come effetto di una neppure troppo celata propaganda al pensiero sinistroide 'riformista' borghese di stampo post-marxista, che propugna una rivoluzione dall'interno del sistema-Impero stesso, "Barbari" cavalca la metafora di un'umanità alternativa all'uomo-consumens dall'identità refrattaria alle istituzioni e al sistema capitalistico, anarchica e libertaria, precognizzando uno scontro frontale violento che persegua la distruzione totale dello status quo. "Barbara" perché, etimologicamente e filosoficamente, non parla l'idioma dell'Impero, è fuori dalle sue logiche e le combatte rifiutando una qualsiasi forma di adattamento e di confronto.
Il limite più evidente del libriccino, che è anche il limite di altri scritti circolati in questi anni (ad esempio "Ai ferri corti con l'Esistente, i suoi difensori e i suoi falsi critici" del 1998), è che il dispositivo rivoluzionario immaginato in alternativa non risponde alle due questioni di fondo tipiche delle ideologie rivoluzionarie storicizzate:
1. a che cosa mira concretamente la rivolta (a parte la distruzione del sistema capitalistico e di fatto del mondo che conosciamo)?
2. come si realizza in concreto l'azione rivoluzionaria?
Letto per quello che è, "Barbari" potrebbe essere una sintesi e un compendio efficace degli scritti 'classici' del brigatismo anni Settanta, benché la matrice ideologica di quello fosse chiara sin dalle sue origini.
L'imbarazzo più grande di questa contemporaneità 'liquida' mi sembra risieda nella difficoltà di adottare un'ideologia di riferimento, un sistema di idee fondative di un nuovo (per quanto ideale o utopico che sia) mondo. In assenza di questa, il caos, che per quanto 'creativo' e suggestivo non può garantire risposte persuasive alle legittime domande della massa di inquieti vittime del capitalismo globalizzato.
Che un altro mondo sia possibile e ormai auspicabile (se non indifferibile) è idea diffusa in molti ambienti, anche non necessariamente di matrice anarco-libertaria. Per quanto appassionante e seducente sia il tipo di comunicazione scelta, "Barbari" scalderà qualche cuore ma non sposterà di un centimetro questo deleterio, indifendibile Occidente capitalista. Men che meno l'"insorgenza disordinata" già in atto...
"Che i barbari si scatenino. Che affilino le spade, che brandiscano le asce, che colpiscano senza pietà i propri nemici. Che l'odio prenda il posto della tolleranza, che il furore prenda il posto della rassegnazione, che l'oltraggio prenda il posto del rispetto. Che le orde barbariche vadano all'assalto, autonomamente, nei modi che decideranno, e che dopo il loro passaggio non cresca più un parlamento, un istituto di credito, un supermercato, una caserma, una fabbrica. Di fronte al cemento che prende a schiaffi il cielo e all'inquinamento che lo sporca si può ben dire con Déjacque, che "Non sono le tenebre questa volta che i Barbari porteranno al mondo, è la luce". La distruzione dell'Impero difficilmente potrà assumere le consuete forme della rivoluzione sociale, così come ci è dato conoscerle dai libri di storia...".
(Crisso/Odoteo, " Barbari", Edizioni NN, settembre 2002, pagg. 67-68)